Ai sensi e per gli effetti dell’art 63 del D.lgs n. 231/2001, salvo il caso in cui il Giudice ritenga debba essere applicata la sanzione interdittiva in via definitiva, è ammessa la riduzione di cui all’art. 444 c.p.p. con diminuzione dell’importo della sanzione pecuniaria e della durata dell’interdittiva laddove la posizione processuale è definita o definibile con il rito alternativo del patteggiamento.
Nuova tappa nel percorso giudiziario relativa al crollo del ponte Morandi a Genova avvenuto il 14 agosto 2018, tragedia che ha interessato il decesso di 43 persone e che ha coinvolto la società ASPI Spa e Spea Engineering imputate, insieme a 59 persone fisiche, ai sensi del D.lgs n. 231/2001 sulla responsabilità amministrativa degli enti per i reati- presupposto commessi a vantaggio e nell’interesse degli stessi.
Nel corso dell’udienza preliminare, che si è svolta il 15 marzo 2022 dinanzi al GUP del Tribunale di Genova, Autostrade per l’Italia e società Spea, che al tempo si occupava delle attività di manutenzione e ispezione per l’Aspi, hanno avanzato richiesta di patteggiamento previo consenso espresso dalla Procura della Repubblica
di Genova, la quale ha espresso parere favorevole dopo aver accertato che le società suindicate si fossero adoperate di adottare un nuovo Modello 231 idoneo a prevenire la commissione di reati ed “ eliminare le carenze organizzative all’origine degli illeciti commessi nonché di modificare il documento di valutazione dei rischi eliminando alcune lacune legate alla solidità e stabilità del luogo di lavoro, per come previsto dal D.lgs 231/2001
Ai fini del patteggiamento, l’ASPI ha messo a disposizione dell’Ufficio di Procura la somma di 27 milioni di euro circa, somma corrispondente al valore del progetto di retrofitting relativo al rifacimento delle pile 9 e 10 del ponte Morandi, oltre a subire la sanzione massima di 1.000,000,000 di euro; Spea provvederà al pagamento di una sanzione pecuniaria per un ammontare di 810 mila euro.
La vicenda giudiziaria relativamente alla sola posizione delle società ASPI E SPEA ha evidenziato da una parte l’opportunità per l’ente di poter definire la propria posizione processuale ricorrendo al rito alternativo del patteggiamento di cui all’art 444 c.p.p. , di poter concordare con la Pubblica accusa la sanzione pecuniaria irrogata e l’esclusione delle sanzioni interdittive; dall’altra la necessità per l’ ente di provvedere all’adozione di un Modello 231 quale strumento di prevenzione per la commissione dei reati – presupposto di quelli elencati nel D.lgs 231/2001.
Avv. Maria Giovanna Politano
Avv. Maria Gabriella Cavallo
Con la sentenza n. 3287 del 15 dicembre 2021, depositata il 31 gennaio 2022, la Cassazione torna sul tema della prescrizione in materia di responsabilità degli enti e di D.Lgs. n. 231/2001. Quale è il momento a partire dal cui, dopo la contestazione dell’illecito, si producono gli effetti interruttivi della prescrizione delle sanzioni amministrative?
Il fulcro della questione su cui la Corte era chiamata ad esprimersi è l’individuazione del momento a partire dal quale – in seguito alla contestazione dell’illecito – si producono gli effetti interruttivi della prescrizione delle sanzioni amministrative.
Ai sensi dell’art. 22 del D.Lgs. n. 231/2001, la richiesta di rinvio a giudizio dell’ente determina l’interruzione della prescrizione che ricomincia a decorrere una volta passata in giudicato la sentenza che definisce il giudizio. L’evidente commistione della normativa in parola con l’istituto della prescrizione disciplinato in ambito civilistico e la divergenza rispetto alla disciplina penalistica ha fatto sì che la giurisprudenza abbia, negli ultimi anni, dibattuto sulla rilevanza – ai fini del prodursi degli effetti interruttivi – della mera emissione della contestazione dell’illecito ovvero della sua notificazione.
Secondo la sentenza in commento, “la richiesta di rinvio a giudizio, in quanto atto di contestazione dell’illecito amministrativo, interrompe per il solo fatto della sua emissione, la prescrizione e ne sospende il decorso dei termini fino al passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio”; Tale orientamento si fonda sulla considerazione che, anche in materia 231, l’interruzione della prescrizione è posta a presidio della tutela della pretesa punitiva dello Stato, sicché il regime non può che essere quello previsto per l’interruzione della prescrizione nei confronti dell’imputato che, ai sensi dell’art. 160 c.p., coincide con l’emissione della richiesta di rinvio a giudizio.
Pertanto, anche in materia di 231, con richiamo a quanto disposto dall’art 160 c.p., la decorrenza degli effetti interruttivi della prescrizione coincide con la contestazione dell’illecito e non richiede la formale notificazione dell’atto processuale.
Nel predetto orientamento maggioritario si considera risolutivo il rinvio operato dall’art. 59, D.Lgs. n. 231/2001, all’art. 405 c.p.p. che, al comma 2, individua fra gli atti di contestazione dell’illecito la richiesta di rinvio a giudizio, ovverosia un atto la cui efficacia prescinde dalla notifica alle parti.
In conclusione, la sentenza in commento si pone in continuità e coerenza con quanto disposto dall’art 35 del D.lgs 231/2001 ovvero l’estensione delle disposizioni previste per la persona fisica si applicano anche alla persona giuridica in quanto compatibili”.
Uno sguardo alla Direttiva
Il 14 dicembre 2021 è entrato in vigore il D.lgs n. 8 novembre 2021 n. 184, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 284 del 29 novembre 2021, che ha recepito la Direttiva UE 2019/713 relativa alla lotta contro le frodi e le falsificazioni di mezzi di pagamento diversi dai contanti.
Il legislatore europeo con la Direttiva UE 2019/713 ha inteso perseguire una duplice finalità: da una parte intensificare la lotta alle frodi e le falsificazioni di mezzi di pagamento diversi dai contanti (in via esemplificativa pagamenti a mezzo carte di debito e credito, pagamento o trasferimento di denaro attraverso il telefono cellulare – servizi mobile payment) quali strumenti di finanziamento per le attività criminose della criminalità organizzata, che vanno a costituire una minaccia alla sicurezza in quanto rendono possibili altre attività criminali come il terrorismo, il traffico di droga e la tratta di esseri umani; dall’altra favorire il mercato unico digitale che negli ultimi anni ha risentito delle condotte criminose della criminalità organizzata riconducibili all’utilizzo dei suindicati mezzi di pagamento.
L’attuazione della direttiva : estensione dei reati-presupposti
In considerazione della natura immateriale dei mezzi di pagamento diversi dai contanti, la Direttiva 2019/713 ha prescritto, pertanto, che venissero definite anche in ambito digitale forme di condotta illecite equivalenti a quelle classiche quali la frode, il furto, la falsificazione ed ha richiesto agli Stati membri di individuare misure penali efficaci ed efficienti nel disciplinare le diverse condotte criminose ascrivibili all’uso fraudolento dei mezzi di pagamento diversi dai contanti, contemplando nel novero delle suindicate condotte altresì le condotte preparatorie all’effettiva utilizzazione fraudolenta dei mezzi di pagamento in questione, da qualificare come reati a sé.
In particolare, il legislatore italiano, nel dare attuazione alla direttiva UE 2019/713, con il d.lgs 184/2021 introduce le seguenti novità:
Ora risulta così rubricato: “Indebito utilizzo e falsificazione di strumenti di pagamento diversi dai contanti”
La nuova norma così dispone:
E’ stato modificato all’art 640 ter c.p., che persegue e prescrive il reato di “Frode informatica”, introducendo, nell’aggravante di cui al secondo comma, l’ipotesi che la condotta fraudolenta produca “un trasferimento di denaro, di valore monetario o di valuta virtuale”.
Nuova disposizione nel d,lgs, 231/2001
Alla luce di tutte le novità introdotte, il dlgs. 231/2001 si arricchisce dell’art. 25-octies.1 dedicato ai delitti in materia di strumenti di pagamento diversi dai contanti.
In relazione alla commissione dei delitti previsti dal codice penale in materia di strumenti di pagamento diversi dai contanti, si applicano all’ente le seguenti sanzioni pecuniarie:
Il legislatore nel secondo comma ha previsto che laddove il fatto contestato integri un illecito amministrativo punito con una sanzione più grave, in relazione alla commissione di ogni altro delitto contro la fede pubblica contro il patrimonio o che comunque offende il patrimonio previsto dal codice penale, quando ha ad oggetto strumenti di pagamento diversi dai contanti, si applicano all’ente le seguenti sanzioni pecuniarie:
Laddove il procedimento penale a carico dell’ente, per uno dei delitti di cui al comma 1 e 2, si definisce con una sentenza di condanna, il Giudice applicherà all’ente le sanzioni interdittive previste dall’art 9 comma 2 del D.lgs. n. 231/2001.
A distanza di venti anni dall’entrata in vigore del dlgs 231/2001 l’attenzione del legislatore è sempre molto alta e la previsione di nuovi reati presupposto, in continuo aggiornamento ed ampliamento, conferma la necessità, per le imprese, di provvedere all’adozione dei Modelli di Organizzazione, Gestione e Controllo ex D.lgs. n. 231/2001 ao al loro aggiornamento al fine di continuare a garantire la compliance aziendale e mantenere l’efficacia esimente dei Modelli stessi.
Avv. Maria Giovanna Politano – Avv. Maria Gabriella Cavallo
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